By Nicole Pennoni, 5B ite

Dietro la grande festa che ha portato i mondiali in Qatar si nascondono numeri angoscianti di morti bianche, nonché morti sul lavoro. Ogni giorno infatti aumentano le vittime tra gli operai, quasi tutti stranieri, che lavorano alla costruzione degli stadi in condizioni disumane di cui nessuno parla.
Gli operai deceduti vengono soprattutto da India, Nepal e Bangladesh, ma anche da Pakistan, Sri Lanka, dalle Filippine e dal Kenya e hanno lavorato in condizioni disumane cercando di rispettare le scadenze imposte dal Qatar. Oltre ai sette nuovi stadi e alla ristrutturazione di altri 4, ci sono anche strade, aeroporti, infrastrutture per i mezzi pubblici, hotel e di fatto la creazione di intere nuove città. il Qatar ha avuto bisogno di manodopera dall’estero, che veniva fatta arrivare in massa da alcune delle zone più povere del mondo, e quindi costavano alla nazione un basso stipendio.
“Grave crisi cardiaca originata da cause naturali”, “non precisata crisi cardiaca” o “acuta crisi respiratoria originata da cause naturali”: queste sono le frasi che vengono usate per motivare tutti i decessi avvenuti, nascondendone le vere cause che sono costate la vita a migliaia di persone.
Le statistiche ufficiali del Qatar mostrano che dal 2010 al 2019 sono morti 15.021 stranieri di ogni età e occupazione.
Vi presento alcune morti riportate da un famoso quotidiano indiano, morti raccontate dalle famiglie delle vittime.
Manjur Kha Pathan, 40 anni, era alla guida del camion per 12-13 ore al giorno. Si era lamentato perché l’impianto di aria condizionata non funzionava più. Il 9 febbraio 2021 si è sentito male nel suo alloggio ed è morto prima che arrivasse l’ambulanza.
Sujan Miah, 32 anni, era un tubista impegnato in un progetto nel deserto. È stato trovato morto nel suo letto la mattina del 24 settembre 2020. Nei quattro giorni precedenti la temperatura aveva superato i 40 gradi.
Tul Bahadur Gharti, operaio edile, è morto nel sonno il 28 maggio 2020 dopo aver lavorato per circa dieci ore con una temperatura che aveva raggiunto i 39 gradi.
Suman Miah, 34 anni, operaio edile, è morto il 29 aprile 2020 dopo un lungo turno di lavoro con una temperatura di 38 gradi. Il governo del Bangladesh ha offerto alla famiglia un risarcimento equivalente a circa 3000 euro, che però sono stati destinati a ripagare debiti contratti con i procacciatori di lavoro in Qatar.
Yam Bahadur Rana, guardia di sicurezza in un aeroporto, un lavoro che lo obbligava a rimanere seduto per lunghe ore sotto il sole, è morto sul lavoro il 22 febbraio 2020.
Mohammad Koachan Khan, 34 anni, intonacatore, è stato trovato morto nel suo letto il 15 novembre 2017. Anche la sua famiglia ha ottenuto assistenza dal governo del Bangladesh ma anche in questo caso la somma ricevuta è stata usata per ripagare i debiti pregressi.
Rajendra Prabhu Mandaloji, carpentiere di quarant’anni, raggiunse il Qatar nel 2016 attratto dalla promessa di un salario mensile di 2.700 riyal, l’equivalente di circa 700 euro, che sarebbe servito a saldare i debiti che la sua famiglia aveva in India. La moglie rimasta vedova ha spiegato che il marito si era reso conto che qualcosa non andava già al suo arrivo a Doha, quando scoprì che non c’era nessuno ad aspettarlo o perlomeno a condurlo verso i luoghi in cui avrebbe vissuto e lavorato. Successivamente gli fu presentato il suo vero contratto di lavoro, che prevedeva una paga di mille riyal, meno della metà dei 2.700 stabiliti inizialmente.
Le dure condizioni di lavoro, il salario inferiore a quello promesso non sufficiente alle sue esigenze e la lontananza forzata da casa portarono Mandaloji al suicidio. La moglie lo venne a sapere da una chiamata di un collega indiano in Qatar: «Dopo la sua morte i datori di lavoro ci chiesero di pagare 500 mila rupie (più di 6mila euro) per trasportare il corpo in India.
Da questi Mondiali di calcio deve essere programmata una riforma significativa del diritto del lavoro che possa essere adottata anche dai Paesi limitrofi. Altrimenti continueremo ad avere morte e schiavitù.