
Allenatore ed ex calciatore argentino
Mercoledì 25 novembre 2020 (a 60 anni)
Maradona nasce il 30 ottobre 1960 nel quartiere disagiato di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires. Il calcio sin da bambino è il suo pane quotidiano: come tutti i ragazzini poveri della sua città passa gran parte del tempo per strada giocando a pallone o facendosi le ossa in campetti disastrati. Sono i piccoli spazi in cui è costretto a giocare, fra macchine, passanti e quant’altro, che lo abitua a manovrare la palla in maniera magistrale.
Già considerato un idolo dai compagni di gioco per le sue doti mirabolanti, da subito gli viene appioppato il soprannome di “El pibe de oro” (il ragazzo d’oro), che gli rimarrà anche quando diverrà una celebrità. Preso atto del suo talento tenta la strada del calcio professionistico: la sua carriera inizia nell'”Argentinos Juniors”, per poi proseguire nel “Boca Juniors“, sempre in Argentina.
Le sue straordinarie capacità non potevano non essere notate e, al pari del suo grande predecessore brasiliano Pele’, a soli sedici anni è già precettato per giocare nella nazionale Argentina, bruciando in questo modo fulmineamente tutte le tappe. Menotti però, commissario tecnico argentino d’allora, non lo convoca per i mondiali del 1978 ritenendolo comunque troppo giovane per un’esperienza forte e importante come quella.
Dopo fulminanti prove in campionato, vola per i mondiali di Spagna 1982 dove dona luce ad una non eccezionale Argentina con due gol, anche se, nei momenti chiave delle partite con Brasile e Italia, non riesce a brillare come dovrebbe, facendosi pure espellere.
Successivamente l’ingaggio-record con il quale il Barcellona lo convince a lasciare il Boca Juniors è di sette miliardi di lire dell’epoca.
Purtroppo però con la squadra spagnola gioca solamente trentasei partite in due anni, a causa di un bruttissimo infortunio, il più grave della sua carriera.
L’avventura successiva è forse quella più importante della sua vita, dopo numerose trattative approda alla città che lo eleggerà a suo portabandiera, che lo innalzerà a idolo e santo intoccabile: Napoli.
Lo stesso Pibe de oro ha più volte affermato che quella è diventata la sua seconda patria dopo l’Argentina.
Il sacrificio della società fu notevole, non c’è che dire (una cifra colossale per l’epoca: tredici miliardi di lire), ma sarà uno sforzo ben ripagato dalle performance di Diego, capace di portare per ben due volte la squadra allo scudetto
Diego Armando Maradona tocca l’apice della carriera ai mondiali di Messico 1986. Trascina l’Argentina alla conquista della Coppa del Mondo, segna complessivamente cinque reti (e fornisce cinque assist), e sarà premiato quale miglior giocatore della rassegna. In più: nei quarti di finale con l’Inghilterra realizza la rete passata alla storia come quella della “mano di Dio”, uno “sberleffo” che ancora oggi il calcio non ha dimenticato (Maradona segnò di testa “aiutandosi” a metterla dentro con la mano).
Dopo pochi minuti, invece, realizza il gol-capolavoro, quel “balletto” che lo vede partire da centrocampo, e dribblando mezza squadra avversaria, lo vede depositare la palla in rete. Un gol che è stato votato da una giuria di esperti come il più bello della storia del calcio!
Un anno più tardi (è il marzo 1991) viene scoperto positivo a un controllo antidoping, con la conseguenza che viene squalificato per quindici mesi.
Lo scandalo lo travolge. Il declino sembra inarrestabile, si presenta un problema dietro l’altro. Non basta il doping, entra in scena anche il “demone bianco”, la cocaina, di cui Diego, a quanto riportano le cronache, è un assiduo consumatore. Infine emergono gravi problemi con il fisco, a cui si affianca la criticità di un secondo figlio mai riconosciuto.