By Manuela Baroni, 5A ite

Se le battaglie per la libertà sessuale e per la legalizzazione dell’aborto hanno portato a una maggiore consapevolezza del corpo femminile e dei diritti delle donne, è altresì vero che il corpo delle donne, così come la voce, faticano, ieri come oggi, a trovare spazio in molti ambiti della società. Pertanto, ci si chiede, dove e fino a che punto si può parlare di inclusione della voce femminile e del corpo femminile?
Il corpo delle donne lo vediamo apparire nei congressi, presenziare nei luoghi di potere (mai in maggioranza), fare brevi e fugaci comparse per poi dileguarsi dietro le quinte.
Il corpo femminile si può mostrare purché non vada ad urtare la sensibilità di chi lo circonda: non deve essere seducente pena l’affidabilità della donna in questione, per contro non deve apparire sciatto e trascurato, in tal caso, la donna rischierebbe di essere additata come inadeguata rispetto ai canoni di presentabilità imposti dalla società.
Nella Giornata Internazionale della Donna tutti sono chiamati a combattere in nome dell’inclusione e dei diritti contro il pregiudizio di genere (e di qualsiasi altra natura), contro il maschilismo e il patriarcato. Si tratta di una battaglia che si compie partendo dal linguaggio e dalle parole. Le parole ci definiscono, sono mondi che attendono di essere esplorati. Partiamo dalle parole, interveniamo sul linguaggio laddove questo rifletta la prevaricazione e il dominio. Attraverso le parole si esprimono i rapporti, privati e pubblici: se non interveniamo per cambiare le dinamiche linguistiche non ci sarà speranza di poter cambiare altri meccanismi più subdoli ma non per questo meno necessari.